Cristo e l’adultera

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Cristo e l’adultera
1548 circa
105 x 132 cm
olio su tela
Altrove atteso, prefigurato nel pane e nel vino, sull’ara sacrificale, lui stesso altare del sacrificio, già centro, egli possiede ora forma di uomo Cristo. L’attesa è compiuta. Il tempo è compiuto. Non c'è spazio in questo dipinto che per un'unica natura, quella umana. E’ ad essa, qui rappresentata da tanti volti, che l'uomo-Dio si rivolge. L’istante è quello del silenzio, del Cristo silente, mentre la marmaglia discute, blatera, gli domanda circa la Legge e la moralità. I suoi occhi che osservano silenziosi. Per parlare usa le mani, Cristo. Quelle mani, non per additare, strattonare, accusare, condannare, lapidare. Letto il racconto dell'evangelista Giovanni, Lotto ha scelto quell'istante che precede il chinarsi dell'uomo-Dio, dunque anche la sua (misteriosa) scrittura «col dito per terra», e le sue parole lapidarie , dissolventi qualsiasi umana presunzione: «chi di voi è senza peccato, scagli la prima pietra». Le sue mani, le sue dita non ancora sporche di terra, parlano la lingua che pacatamente, ma fermamente, frena arroganza e presunzioni umane (la mano destra) e che con pollice, indice e medio ricorda l'entità trina cui solo aspetta giudizio morale (la mano sinistra). La stessa mano, le stesse dita del Bambino che è sulle spalle di Cristoforo. La sola umanità che posa gli occhi sulle mani di Cristo è quella della donna, l'accusata. Lotto non ha avuto certo timore a dipingerla in tutta la sua bellezza, la sua eleganza. C'è candore e profumo in quella pelle esaltata dalla consueta luce lottesca, la cui origine, anche qui, è più interiore che esteriore. L'estremità dei suoi lunghi capelli, stretta dalla rozza mano del soldato, la sua testa, di poco piegata di lato e la sua bocca aperta quanto basta per disegnare una smorfia di dolore, di umiliazione, sono lì a ricordarci fissandola in un istante eterno, la violenza, anche fisica, dell'uomo che s’arroga la facoltà di giudicare.
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