Adorazione del Bambino
circa 1549
160 x 216 cm
olio su tela
Nonostante quel drappo, d'un verde grano e dalle tante pieghe mosse, come di sipario appeso al bordo superiore della tela e appena tirato, vegetazione, alberi e spaccato d'orizzonte luminoso sono figure di un'eco visiva che rimanda alla composizione paesaggistica dipinta da Lotto per il Sacrificio di Melchisedech. Un paesaggio anche qui sospeso, come il tempo: colto, sembrerebbe, all'imbrunire, forse aurorale, se non fosse per quel chiarore, quella luminosità che esplode al centro della tela, e sale verticale, dal panno bianco su cui è disteso Gesù, attraverso il suo corpo, quello di Giovanni, fino all'angelo centrale.
Scena di famiglia, di famiglie, con Giuseppe e Zaccaria, i più distanti dai bambini, sorpresi a gettarsi uno sguardo di uomini distratti, anziché indirizzarlo verso Gesù (come avviene nella versione del dipinto, precedente, che si trova al Louvre). La sola, insieme ai tre angeli, ad avere gli occhi rivolti verso il Dio rivelato è Maria. Dipinta da Lotto con il volto inespressivo, sono le sue braccia e le sue mani aperte a parlare: dicono stupore e accoglienza, come nella lottesca Vergine annunciata di Recanati, e di Jesi, più che apprensione per il destino sacrificale del figlio. La madre del resto non fa altro che corrispondere al gesto di Gesù, proteso com'è verso la piccola croce che gli tende Giovannino. E sotto il panno bianco, un secondo, rosso carminio, come Lotto non aveva azzardato dipingere nella versione oggi parigina. È il rosso del sangue di cui la terra, la natura tutta, dovrà bagnarsi, per la redenzione di tutti.
Sarà anche vero, come ha scritto qualcuno, che questa versione lauretana, rispetto a quella al Louvre, si manifesta come opera meno "straordinaria" nell'esecuzione. E tuttavia c'è un dato inoppugnabile e forse più significativo: confrontati tra loro i personaggi delle due opere, non ce n'è uno che non sia diverso, significativamente diverso. A parte Gesù, vero centro, e come tale immutabile.