Definito dallo stesso Lotto come “pala de un San Michele con batere e caciare Lucifero” il dipinto raffigurante San Michele Arcangelo avvolto dal chiarore di una nube illuminata dalla luce divina e nell’atto, apparente, di “caciare” Lucifero in un abisso di tenebra (la lotta tra i due viene ricordata in Apocalisse 12.7, così come in Isaia 14, 12.15, in Giuda 6 e in Corinti II 11.14). Dalle forme efebiche, il decaduto, o meglio, il “decadente”, nulla possiede dei tratti mostruosi con cui era stato raffigurato in precedenza e che lo caratterizzeranno in seguito. Un vero unicum, il Lucifero lottesco. Di Michele condivide tratti, lineamenti. E la pelle, chiara, angelica, perché raggiunta, ancora, dalla luce. Pur con la spada sollevata e intento a spezzare il bastone del nudo decadente, Michele sembra compiere un gesto estremo di carità: l’offerta della sua mano sinistra, come a voler trarre Lucifero a sé, come a farsi strumento di salvezza. Anche se nudità, coda ritorta e mani aperte in un gesto di estrema difesa sembrano indicare un destino ormai segnato, scelto. Nuvole, fronde, cespugli, dirupo. Un contesto di natura, un paesaggio esteriore, all’apparenza. Tuttavia, perfetta rassomiglianza tra le due figure e gestualità simmetricamente disegnata suggeriscono lo svolgersi di lotta e gesto caritatevole in un luogo interiore. Un cielo interiore. In quella nuvola, che tanto somiglia a un cuore, l’istante della scelta, della libertà. Luce o tenebra. Bene o male. Nell’istante fissato da Lotto su questa tela il coesistere dentro la nuvola-cuore di bene e male. Indissolubilmente.